UOMINI FOLLI
MENTI IMPOSSIBILI


Giovedì 12 Novembre

ALAN TURING E LA
MELA AVVELENATA


PENSIERI E IMMAGINI DI UN GENIO

Scene, letture e video a cura di
Mario Ferrari e Roberta Marchelli


Alan Turing si è ucciso la notte tra il 7 e l'8 giugno del 1954 addentando una mela intrisa di cianuro. Aveva 41 anni. E' da questa tragica notte che trae le mosse la serata per ricostruire il pensiero e l'opera di quest'uomo straordinario, matematico bri-llante e pensatore visionario, oggi considerato tra i geni indi-scussi del XX Secolo, ma in vita perseguitato perché omosessuale. Oltre a porre le basi della scienza dei computer, di cui è riconosciuto essere uno dei precursori, nel corso della seconda guerra mondiale Turing fece parte del gruppo di analisti che a Bletchley Park decritto il codice "Enigma", ritenuto inviolabile, contribuendo alla sconfitta della Germania nazista. Anche di questo la serata renderà conto, con immagini, video e letture.

Mercoledì 18 Novembre

EX MACHINA

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Scritto e diretto dal talentuoso Alex Garland, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, Ex Machina è un film elegante e narrativamente ineccepibile, lontanissimo dalle farneticazioni cui ci ha abituato il cinema di fantascienza degli ultimi decenni, che avvince e convince. Tutto costruito su tre soli personaggi confinati in un ambiente sofisticato ed asettico dal design ad un tempo futuribile e minimalista, il film è intessuto di dialoghi pregnanti che rimandano quasi letteralmente alle idee di Alan Turing sull'intelligenza artificiale e sulle possibilità che un essere sintetico possa essere giudicato senziente alla stessa stregua di un umano. Il protagonista è un giovane esperto di informatica che, senza alcuna spiegazione, viene invitato a passare una settimana nell'isolatissima e segretissima magione del titolare dell'azienda per cui lavora, un genio dell'informatica diventato miliardario per avere ideato BlueBook, un motore di ricerca che assomiglia molto a Google. Il suo compito, come scoprirà per gradi, è testare le reazioni di Ava, un robot dai tratti femminili, dotato di sessualità e forse di attitudini umane, ultimo prodigio degli studi condotti sull'intelligenza artificiale. La mente di Ava, però, e qui sta l'originalità del film, non è il frutto di un softwere sofisticato sviluppato dal suo creatore ma è generata dall'interazione con il database dell'onnipresente BlueBook, ossia da quel bacino immenso di conoscenza che condividiamo ogni giorno attraverso la rete. Nutrendosi in tempo reale di tutto ciò che circola su Internet, Ava impara tutto, anche ad aver sete di sentimenti. Resta il dubbio se possa essere giudicata intelligente, ed è su questo fronte che gli spettatori avranno le risposte più spiazzanti. Visivamente magnifico, il film incanta non solo per la pertinenza dei dialoghi, ma anche per i prototipi femminile di cui Ava è sintesi.

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SU ALCUNE FARNETICAZIONI DELLA
CRITICA A PROPOSITO DI EX MACHINA

di Mario Ferrari

Come abbiamo spiegato, Ex Machine di Alex Garland è un film che attualizza e mette in scena il Test di Turing sull'intelligenza artificiale e immerge lo spettatore nel dibattito sollevato dall'idea che le macchine possano un giorno arrivare a pensare. Il film cita apertamente Turing e in nessun modo può essere iscritto a quel genere di film che ci mettono in guardia sulla possibile ribellione delle macchine. Entrambi i protagonisti del film sono affascinati dalla possibilità che Ava possa davvero mostrarsi intelligente e il fatto che Ava alla fine li usi per i propri fini non è una manifestazione della ribellione della macchina contro chi l'ha creata ma la semplice prova provata della sua intelligenza. D'altronde, ciò che assillava Turing alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso non erano certo i rischi connessi a quella che egli chiamava "l'intelligenza delle macchine", né tanto meno il delirio di onnipotenza dell'uomo che, sostituendosi al creatore. Quello che lo preoccupava era piuttosto il pregiudizio degli umani nei confronti delle macchine, tanto che nel 1948 scriveva: «il rifiuto di ammettere la possibilità che il genere umano possa avere rivali quanto a potenza intellettuale, si manifesta tra gli intellettuali nella stessa misura in cui si manifesta tra la gente comune, perché hanno più da perdere». Quanto all'idea di computer che aveva in mente, Turing scriveva «quello che vogliamo è una macchina capace di apprendere dall'esperienza [..] invece di elaborare un programma per la simulazione di una mente adulta, perché non proviamo piuttosto a realizzarne una che simuli quella di un bambino? [..] Passo dopo passo potremmo mettere la macchina nelle condizioni di prendere sempre più direzioni o decisioni [..] Alla fine potremmo riuscire a programmarla in modo tale che il suo comportamento sia il risultato di un numero di principi generali relativamente limitato. Quando questi principi saranno diventati sufficientemente generici, non dovrebbe più essere necessaria alcuna interferenza e la macchina diventerebbe adulta». Negli stessi anni, a chi gli chiedeva in quale circostanza avrebbe detto che una macchina fosse cosciente, Turing rispondeva che «se la macchina fosse stata incline a punirlo per aver detto il contrario, allora avrebbe detto che era cosciente». Alludendo poi ai possibili sviluppi dell'intelligenza artificiale, sembra che sostenesse che saremmo arrivati ad un punto in cui, analizzando la condotta della macchina, «quello che succederà [..] è che non riusciremo a capire come fa a fare quella cosa, e non riusciremo più a seguirla», arrivando persino ad affermare che «la macchina [..] intelligente [..] è una macchina convinta che le persone non siano in grado di pensare». Gli spunti che offre il film, quindi, sono molti, e tutti molto attuali. Ciò nondi-meno, scrivendo del film su Il foglio Mariarosa Mancuso non trova di meglio che citare una farneticante intervista di Andrew O'Hehir su Salon in cui l'autore approfitta dell'uscita americana del film per sottoporre ad Alex Garland un confuso parallelo tra Ava e la Lolita di Vladimir Nabokov che «lascia il regista perplesso». Vedendosi trascinato «in un dibattito sulle femmine fantascientifiche», scrive la Mancuso alludendo a Garland, «il poveretto cerca di schermirsi, ma il giornalista insiste». Garland, così, «mette avanti la propria  ignoranza in generale, e la propria estraneità ai romanzi dello scrittore russo in particolare. Poi cede, almeno un po-chino: saranno idee che mi sono arrivate di sponda, leggendo libri di altri scrittori, ammette». Fa dell'ironia, la Mancuso, sul collega giornalista, non rendendosi conto che così facendo parla anch'essa d'altro. Altrove ha servito al lettore un'altra chicca: la BlueBook, la società fittizia citata nel film, ha lo stesso nome del «libro blu che Wittgenstein dettò nel 1933 ai suoi studenti di Cambridge». Troppa fatica cercare di capire di cosa davvero parli il film. E poi chi è questo Turing ? Avessero citato Prometeo e il desiderio di dominio dell'uomo, allora si che si poteva fare il pistolotto umanista, ma il film spunti su questo fronte non ne da, così la Mancuso non sa cosa scrivere e finisce per citare a sproposito i parallelismi fatti a sproposito da un suo collega americano. Roberto Escobar su Il Sole 24 Ore il pistolotto invece non se lo evita e, oltre a Prometeo, cita anche Frankenstein e Barbablù. Noi, qui, ci fermiamo, lasciando ogni commento al lettore: «C'è un vago sentore prometeico, tra le immagini di Ex Machina. E non solo perché in un dialogo sia citato il divino Titano che, rubando il fuoco artificiale a Efesto, fece degli essere umani altrettante creature in grado di vincere almeno in parte la strapotenza di Zeus. Di Prometeo e del suo mito c'è anche, e soprattutto, l'ambivalenza. Da un lato, esseri prometeici, noi siamo fieri della nostra capacità di manipolare il mondo, e di dominarlo. Dall'altro, abbiamo paura di quel che ne può venire, del disordine e dell'eccesso che introduciamo in natura. Potremmo chiamarla sindrome di Frankenstein, questa ambivalenza che percorre il film scritto e diretto da Alex Garland. All'inizio del test, Caleb è ammirato e fiero del lavoro del suo padrone [..] Di giorno in giorno, per una intera settimana avrà di fronte a sé Ava [..] Per il resto, avrà libero accesso a tutte le stanze che una speciale carta magnetica gli consentirà di aprire. Dalle altre sarà bandito, nonostante ogni curiosità (al mito di Prometeo qui si somma la fiaba di Barbablù) [..] Caleb e Nathan si somigliano [..] entrambi [..] modellano prometeicamente il mondo a misura dei loro algoritmi. La differenza è che il secondo lo fa per il dominio, il primo in nome della libertà. Certo in nome della libertà di Ava, costretta da Nathan a stare nei suoi limiti di Creatura (e di molte altre, come Caleb scoprirà entrando nelle stanze che il Dio/Barbablù gli ha vietato»