UOMINI: CHE NE
SARA’ DELL’UOMO ?


In tempi in cui la teoria del Gender sembra farla da padrone, il cinema Capitol dedica una rassegna a ciascuno dei due soggetti sessuati che la teoria del Gender vuole mandare in soffitta, l'uomo e la donna. A dispetto di chi pensa che il sesso sia un abito da indossare a piacimento, il cinema, infatti, continua a proporre storie che sarebbe difficile non declinare al maschile o al femminile. Si pensi a Rams: ce le vedete due sorelle al posto dei due fratelli? Oppure si prenda La isla minima, con la sua suggestiva e malmostosa ambientazione: ce le vedete due donne che indagano in quegli acquitrini? Per non parlare, poi, dei due titoli che chiudono la rassegna, Ti guardo di Lorenzo Vigas e Il club di Pablo Larrain, che propongono un mix di degradazione e abiezione che difficilmente possiamo pensare appartenere a una donna. Ma anche l'idealismo dell'avvocato Donovan de Il ponte delle spie sembra avere poco a che fare con la sensibilità femminile. Le donne, infatti, si sa, sono più "pratiche" degli uomini. E cosa dire dell'uomo "irrazionale", del professore di filosofia di Irrational Man di Woody Allen: davvero possiamo pensare che non ci sia qualcosa di irriducibile nel suo essere uomo? Naturalmente molto di ciò che pensiamo appartenga ai due generi ha dello stereotipo, ma pensare che tutto ciò sia accessorio e che ciò che davvero conta sia la personalità liquida, cangiante e sfuocata del Gender che sta al di sotto e al di sopra di tutto in ciascuno di noi pare almeno prematuro. Quello che accadrà in futuro non lo sappiamo, ma per il momento sullo schermo ci sono ancora uomini e donne.

Mercoledì
2 Marzo

RAMS

In una valle ghiacciata di un remoto angolo dell'Islanda vivono due attempati fratelli, Kiddi e Gummi, che non si parlano da quarant'anni. Benché abitino l'uno accanto all'altro e facciano la stessa vita solitaria, allevando pecore, i due comunicano solo attraverso un cane. Con i loro silenzi e le loro improvvise esplosioni di rabbia hanno un che di biblico: un Caino non troppo cattivo e un Abele non troppo buono, verrebbe da dire. Al centro della loro rivalità c'è il rigido carattere di Kiddi, refrattario alle regole sociali e alla mera convivenza civile. Le cose cambiano quando un'epidemia ovina costringe i due fratelli a uccidere tutte le loro pecore. Gummi, disattendendo per la prima volta le regole, nasconde sette pecore e un montone nella cantina della propria casa, confidando in una ripresa del suo gregge al termine della quarantena imposta dallo Stato. È l'inizio di una possibile riconciliazione fra i due fratelli, che in realtà non hanno mai smesso di volersi bene, ma non sono mai stati abituati, per natura e per cultura, a esprimere alcuna forma di affetto. Premiato a Cannes, Rams descrive con grande efficacia un mondo ridotto all'osso. La regia, spartana e asciutta come l'indole dei due fratelli, racconta di una terra scarna, abitata da personaggi di pochi gesti e di pochissime parole, rendendo sorprendente una storia intessuta di pause, di silenzi e di remoti paesaggi.

Mercoledì
9 Marzo

LA ISLA MINIMA

Nella Spagna post-franchista del 1980 due poliziotti di Madrid, l'uno fortemente compromesso con il vecchio regime, l'altro giovane e di poche parole, vengono mandati in un remoto angolo dell'Andalusia per indagare sulla sparizione di alcune ragazze. I corpi delle due malcapitate vengono trovati quasi subito, ma l'indagine porta i due poliziotti sulle tracce di un serial killer che ha già seviziato e ucciso due altre giovani. Ambientato nell'estuario paludoso del Guadalquivir, una enclave umida percorsa da strade, acqua, risaie e barche nel sud ovest della Spagna, il film trae la sua originalità proprio dall'insolita ambientazione, che ci viene mostrata dall'alto già sui titoli di testa, e che via via si trasforma in personaggio, o quantomeno in uno stato d'animo che percorre tutto il film. Come l'ambiente naturale, anche quello sociale è reticente e omertoso, con paura e violenza che covano tra le pieghe di annose ingiustizie e secolari differenze sociali e con i fantasmi del franchismo che tornano a galla gonfi e deturpati come i cadaveri delle povere vittime. Alla fine non tutto è chiaro nel fitto intrigo, ma colpiscono la malinconia e lo squallore di questa Andalusia insolita che richiama alla mente, tanto nei paesaggi quanto nelle popolazioni, la Louisiana rurale della prima serie di True Detective, Tv-movie in otto episodi scritta da Nic Pizzolatto e diretta da Cary Fucunaga.

Mercoledì
13 Aprile

IL PONTE DELLE SPIE

Siamo a Brooklyn, nel 1957, in piena Guerra Fredda. Rudolf Abel (Mark Rylance), pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l'accusa di essere una spia sovietica. I principi costituzionali americani impongono che venga processato, anche se il clima da guerra fredda ne fa un processo scontato, così la scelta dell'avvocato difensore cade su James Donovan (Tom Hanks), che fino a quel momento si è occupato solo di assicurazioni. Mentre Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l'incomprensione se non il disprezzo di sua moglie, del giudice e dell'opinione pubblica intera, un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA non trova di meglio che incaricare lo stesso Donovan di gestire il delicatissimo negoziato. L'inizio è formidabile e Mark Rylance è impagabile del fare del suo personaggio un concentrato di dubbi, disillusione, stoicismo e scarsa autostima, tanto che fin dall'inizio non si cura minimamente del suo destino. Il resto è molto classico ma tutt'altro che scontato. Il Donovan di Tom Hanks, infatti, è un uomo giusto che non vede in Abel una spia, un russo o un nemico, ma solo un uomo, il che ne fa non un eroe ma un "giusto", appunto, che in piena guerra fredda è riuscito a costruire un dialogo che tenesse al centro l'uomo e non la cortina di ferro. Diretto da Steven Spielberg, il film è ispirato a una storia vera ed è stato scritto da Matt Charman assieme a Joel ed Ethan Coen.

Mercoledì
20 Aprile

IRRATIONAL MAN

Abe Lucas (Joaquin Phoenix) è un professore di filosofia in disarmo ormai privo di qualsiasi interesse per la vita. Arriva all'università di Newport preceduto dalla fama dell'intellettuale impegnato e del seduttore incallito ma in realtà è un uomo frustrato, alcolizzato e depresso, perseguitato dalla fatica di esistere. Ciò nonostante, intesse subito una relazione con una collega, che cerca di attrarlo a sé per mettersi alle spalle un matrimonio fallito, e con una studentessa del corso, che subisce il suo fascino e progressivamente gli si avvicina. A cambiargli la vita, del tutto casualmente, è pero la disperata lamentela di una madre che rischia di perdere la tutela del figlio a causa di un giudice corrotto. Abe, infatti, decide di fare giustizia, ritrovando del tutto arbitrariamente quel senso della vita che aveva perduto. Così, a dispetto delle buone letture e degli autori che insegna al college, non trova di meglio che uccidere il giudice, il che davvero gli riempie la vita, ma con il caso beffardo a farla da padrone. Vistosi scoperto, Abe decide di nuovo di fare fuori l'impiccio, ma questa volta gli va male, con un epilogo che il fato vira a suo sfavore. A ottant'anni suonati e con quarantacinque film alle spalle, Woody Allen guarda all'uomo e vede nero. Più che la casualità, quello che colpisce, nel film, è infatti la pochezza progettuale del protagonista, che non trova più alcun giovamento dal citare e intimamente comprendere Kant e i Kierkegaard, e tanto meno nell'insegnarne il pensiero.

Mercoledì
11 Maggio

TI GUARDO

Armando (Alfredo Castro) è un odontotecnico di Caracas diligente e attento ai dettagli. Nel tempo libero adesca ragazzi di strada che fa spogliare, senza toccarli. Uno di questi è Elder, che però non si lascia svestire e gli dà della "checca". Inaspettatamente Armando lo cerca ancora e, pur tra contrasti e altri gesti violenti, tra i due si instaura a poco a poco un legame che più che con il sesso ha a che fare con i rapporti di potere fra classi sociali. Armando, infatti, confina il sesso nel solipsismo, accontentandosi di fare da solo alle spalle dei giovani che rimorchia. Elder, al contrario, cerca il contatto fisico, anche attraverso le botte e gli spintoni, e alla fine, pur di non rinunciare a una opinione di sé come "macho", forza Armando a un rapporto sessuale che nessuno dei due in fondo vuole. L'epilogo, tragico, ripropone le idee di Fassbinder sull'impenetrabilità della barriera di classe. Il rapporto tra Elder e Armando, infatti, rispecchia un conflitto di potere dell'uno sull'altro e, nello scontro, chi la spunta, pur se a prezzo di rinnovata solitudine, è il più forte dal punto di vista economico e sociale. Opera d'esordio del regista venezuelano Lorenzo Vigas, il film è interpretato dal cileno Alfredo Castro, attore feticcio di Pablo Larrain e tra gli interpreti anche de Il Club, che qui incarna con lunare straniamento l'apatico Armando. Completa il melting pot latino-americano il messicano Guillermo Arriaga che firma il soggetto.

Mercoledì
25 Maggio

IL CLUB

In una casa sulla costa cilena vivono una suora e quattro preti sconsacrati. Non è una casa qualsiasi, ma una "casa di pentimento", uno dei tanti ricoveri dove la Chiesa cilena confina preti colpevoli di crimini gravi, altrimenti scontati in prigione. Il rituale d'espiazione è semplice: oltre al confinamento, messa, canti religiosi e rosari. Unica distrazione, le corse con i cani, con cui i preti racimolano anche qualche soldo. A rompere l'equilibro giunge un quinto prete, assillato da un adulto disturbato da lui abusato quand'era bambino, il che ha un esito drammatico. Un prete per bene, padre Garcia, indaga e, alla fine, trova la misura di compensazione: i cani, rei di distrarre i preti dall'espiazione, verranno abbattuti, mentre la vittima, bambino abusato ieri e adulto disturbato oggi, verrà integrata nella "casa di pentimento" a incarnare il fantasma con cui ciascuno degli ospiti deve fare i conti. Il finale è agghiacciante, tanto da ricordare quello di Post Mortem, secondo capitolo della trilogia che il regista ha dedicato a Pinochet. Qui, come là, il giudizio sull'umano è impietoso. Che si tratti degli orrori del potere o della Chiesa il risultato è sempre lo stesso: altro che presa di coscienza o, men che meno, redenzione. Quello che riusciamo a fare, al più, è dissimulare, nascondere al mondo il male che facciamo. Opera estrema di un regista lucidissimo, che ha capito tutto, Il Club è un film difficile da vedere, che respinge e disturba come raramente capita.