IL CINEMA D’ESSAI
ALL’ORA DEL THE

A partire da questa rassegna, Capitol d’essai raddoppia, affiancando alla tradizionale proiezione serale una replica pomeridiana. Quella dell’andare al cinema il pomeriggio, anche in un feriale, è una prassi consolidata in città, ma non lo è molto meno in provincia. Riteniamo comunque di intercettare una richiesta diffusa, anche se non del tutto consapevole, del pubblico affezionato alla nostra programmazione d’essai. Così, da questa rassegna in poi, tutti i film in programma saranno proiettati anche di pomeriggio.

Spettacolo pomeridiano ore 17.00
Replica serale ore 21.30

Mercoledì
11 Novembre

L'ATTESA

La giovane Jeanne (Lou de Laage) arriva dalla Francia in Sicilia, nella casa di campagna del fidanzato, ma lui non c’è. Dovrebbe arrivare in tempo per la proc-essione di Pasqua, dice la madre Anna (Juliette Binoche), che però nasconde dietro il suo volto sofferente un terribile segreto. Il giovane, infatti, in realtà è morto, e nel piccolo paesino siciliano si è appena tenuto il funerale. La madre, però, non sa come fare a dirlo alla giovane; anzi, non sa come fare essa stessa a capacitarsi di una simile perdita. Così tergiversa, mente. Il film dilata questa “attesa” fatta di omissioni, di non detti, come se volesse prendersi tutto il tempo necessario per consentire alle due donne di elaborare il terribile lutto. Lontanamente ispirato a una novella di Pirandello, La vita che ti diedi, il film segna l’esordio nella regia di Piero Messina, già aiuto di Paolo Sorrentino in This Must be The Place e La grande bellezza, il che traspare dall’eccesso di manierismo (stilizzazione nella composizione delle inquadrature, angoli di ripresa insoliti, maniacale attenzione al dècor, al sound e alle luci). Oltre a Sorrentino, cui il regista sembra essere debitore dell’estetica e della cura formale della messa in scena, il film ha tra i suoi riferimenti colti Aspettando Godot di Samuel Beckett e L’avventura di Michelangelo Antonioni, in cui il motore del racconto era la sparizione della protagonista. Di suo il regista ci ha messo una profonda e sentita sicilianità, a cominciare dall’ambientazione in una villa decadente dell’aspra campagna siciliana nei pressi di Chiaramonte Gulfi.

Mercoledì
25 Novembre


MARGUERITE

Siamo in Francia, negli anni Venti. Marguerite (Catherine Frot) è una ricca si-gnora, soprano dilettante, che adora l’opera. Nel suo castello, ogni settimana, organizza serate di bel canto di cui è protagonista assoluta. Marguerite, però, è stonata, ed è stonata a tal punto che da ragazzina non l’avevano voluta nemmeno nel coro della scuola. Com’è, allora, che i suoi adulatori sembrano gradire ? Un po’ perché non sanno come dirglielo, che è stonata. Un po’ perché il marito, diviso tra motori e amanti, per tranquillità e sensi di colpa dispensa soldi a tutti. Anche il fedele mag-giordomo, che accompagna Marguerite al piano, alimenta la finzione inviandole fiori facendole credere che arrivino da un ammiratore segreto. Come se non ba-stasse, un giornalista e scrittore promettente e un giovane poeta dadaista e anarchico, vedono nella baronessa stonata una voce di “rottura” da traslocare nei café parigini. La donna, così, finisce per salire senza rete su di un palcoscenico per cantare, questa volta, per un pubblico vero. Ispirato alla storia dell’ereditiera Florence Foster Jenkins, che nell’America degli anni Trenta mise a dura prova il suo pubblico e sul cui biopic sta lavorando Stephen Frears con Meryl Streep, il film di Giannoli ha l’arguzia di ricollocare la vicenda nella Parigi cosmopolita, mondana e liberale degli anni Venti, facendo della sua eroina la magnifica incarnazione, tragica e patetica ad un tempo, di uno spirito suo malgrado ribelle e iconoclasta, una sorta di creazione dadaista lanciata contro le convenzioni morali e culturali della società borghese.

Mercoledì
13 Gennaio

VIA DALLA PAZZA FOLLA

Bathshebah Everdene (Carey Mulligan) è una ragazza di campagna, cresciuta dagli zii, che rifiuta la proposta di matrimonio del fittavolo benestante Gabriel Oak (Matthias Schoenarrts), che pur le piace, per non divenire proprietà di nessuno e resistere in un ideale d’indipendenza che per la società vittoriana non è certo la norma. Per un rovescio di fortune, Bathshebah si trova in seguito a dirigere una fiorente fattoria, mentre Gabriel lavora al suo servizio come pastore. Dai campi, prima di avere una seconda occasione, lui la vedrà, negli anni, resistere alla corte e alla protezione del ricco vicino William Bolwood (Michael Sheen) e cedere invece al desiderio per l’arrogante tenente Troy (Tom Sturridge). Dal romanzo di Thomas Hardy, datato 1874, era già stato tratto un celebre film nel 1967, con la regia di John Schlesinger e un grande cast: Julie Christie, Terence Stamp, Peter Finch, Alan Bates. Rispetto a quel adattamento, il danese Thomas Vinterberg, ex delfino di Lars von Trier ai tempi di Festen e autore, più recentemente, del notevole Il sospetto, non sembra voler aggiungere alcunché. Rispetto ad esempio al recente Cime tempestose di Andrea Arnold, dove l’autrice offriva del romanzo di Emily Bronte una versione assolutamente personale e parziale, ossia appunto una interpretazione, Vintenberg sembra solo aver voluto dirigere un film sontuoso mettendo in scena una storia d’amor conteso senza snaturarne la fonte, che rimane un celebre romanzo dell’Ottocento.

Mercoledì
20 Gennaio

MON ROI

Tony (Emmanuelle Bercot) ha quarant’anni, un figlio piccolo e una storia d’amore disastrata con il padre del piccolo. Mentre scia, si lacera un ginocchio ed è costretta a una lunga e dolorosa riabilitazione che la spinge a ripensare all’amore della sua vita, un uomo che ha tanto amato, ma con cui è in rotta. Come è stato possibile ? Come è possibile che dall’amore gioioso e giocoso dei primi tempi siano arrivati ai contrasti più accessi ? Sono temi triti e ritriti già trattati infinite volte dal cinema. Qui, per di più, i protagonisti sono un uomo e una donna di quarant’anni, un’età, questa, in cui si potrebbe presumere una certa consapevolezza dei propri sentimenti e della propria disponibilità verso un rapporto di coppia “maturo”. Eppure, a ben vedere, non c’è nulla di “maturo” nel modo in cui i due si incontrano e costruiscono il loro rapporto fino a dare alla luce il figlioletto. La colpa, naturalmente, è di lui, un Vincent Cassel straordinario nell’offrire al suo personaggio tutte le sfumature possibili dell’irresponsabilità: ha una ex che ha dato di matto da cui non riesce a staccarsi, gestisce un ristorante con molti agganci al mondo della moda, è spensierato e scostante. A fare il primo passo, però, è stata Tony: cosa mai poteva aspettarsi da quell’uomo giocoso che non fosse quello che ha avuto ? Sono curiose, le donne; cercano la leggerezza ma poi fanno sul serio. Come fanno gli uomini a capirci qualcosa.

Mercoledì
3 Febbraio

45 ANNI

Kate (Charlotte Rampling) e Geoff (Tom Courtenay) sono sposati da quaranta-cinque anni e, a giorni, festeggeranno il loro anniversario. I preparativi fervono e Kate è occupata in città con l’organizzazione del rinfresco. A casa, intanto, Geoff riceve una lettera: in un ghiacciaio della Alpi svizzere è stato ritrovato il corpo di una donna scomparsa molti anni prima durante un’escursione. Era il 1962, l’anno in cui Geoff si era promesso a un’altra donna, la donna di cui narra la lettera. Comprensi-bilmente scosso, Geoff rassicura Kate sul suo stato d’animo ma qualcosa nel pro-fondo del suo essere si è rotto e il passato che riemerge sembra compromettere una serenità a lungo coltivata. Stretta in un abbraccio con il suo uomo nel giorno del loro anniversario, Kate prova a capire se il loro è stato vero amore o “fumo negli occhi”, come recita la canzone - Smoke Gets in Your Eyes - che ha sussurrato per una vita senza mai chiedersi cosa significasse. Impeccabilmente messo in scena, scritto e interpretato, 45 Years mette a nudo l’autunno di una coppia il cui legame si rivela un’impostura disvelando l’anima oscura di un uomo e di una donna, Kate e Geoff, che, di loro assieme non hanno conservato nemmeno una fotografia.