Forme e radici
della violenza
Le forme della violenza sono innumerevoli, a volte anche sorprendenti nella loro virulenza, ma le radici del suo insorgere sono sempre le stesse, da che mondo è mondo. Questa rassegna, che propone cinque film di finzione e un docu-film di estremo interesse, ha l’ambizione di suggerire soluzioni e non solo documentare le multiforme forme sotto cui la violenza si propone e si ripropone.
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Mercoledì
24 Maggio
Tratto da un romanzo pubblicato nel 2018 dalla scrittrice canadese Miriam Toews, a sua volta ispirato a una storia di cronaca accaduta in una comunità mennonita di Molotschna, in Boliva, il film narra di una comunità religiosa in cui le donne sco-prono di essere alla mercé degli uomini, che le drogano e violentano. Diffuse in paesi latino-americani come la Bolivia, il Paraguay e il Messico, le comunità mennonite rifiutano la modernità e, vivendo come si viveva in pratica nel Cinquecento, si considerano pure ed incontaminate. Il film della Polley, però, glissa sugli aspetti antropologici e religiosi, per soffermarsi sul dibattito che scaturisce tra le donne all’interno della comunità su quale sia la maniera giusta per reagire a quanto hanno subito senza però rinnegare i precetti della fede che hanno scelto. Così, mentre gli uomini sono assenti, perché in viaggio verso la città vicina per pagare la cauzione ad alcuni degli aggressori, identificati e arrestati, e farli tornare in libertà, le donne si interrogano. Cosa fare ? Fare finta di niente ? Restare e combattere ? Lasciare la comunità e i loro mariti, figli e fratelli ?
Mercoledì
31 Maggio
Siamo in Spagna, in un villaggio rurale. Una coppia di francesi venuti da fuori decide di riattare un vecchio rudere e di aprire un agriturismo, il che non piace agli abitanti del villaggio, e ancor meno a due fratelli proprietari di una fattoria con-finante, che entrano subito in conflitto con i nuovi venuti perche rifiutano di autorizzare l’installazione di pale eoliche nell’area circostante. Dagli iniziali dispetti si passerà presto alla violenza, una violenza “bestiale”, come ricorda il titolo del film (As bestas, infatti, significa “le bestie”). Per chi lo ha visto, il film di Sorogoyen può ricordare Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti (2007). Anche in quel film, infatti, si narrava di una coppia che andava a vivere in un piccolo paesino di montagna, suscitando la diffidenza dei residenti, ma il film di Sorogoyen si spinge oltre de-nunciando l’ipocrisia di questi microcosmi chiusi che manifestano ostracismo nei confronti dello straniero ma accettano di buon grado l’installazione di pale eoliche che deturpano il paesaggio ma offrono il miraggio di un facile arricchimento.
Mercoledì
7 Giugno
Siamo a Lozère, nel Sud della Francia. Il paesaggio fisico è quello dell’altopiano carsico del Massiccio Centrale. Una donna sparisce misteriosamente durante una bufera di neve. La polizia trova la sua macchina sul ciglio di una strada. Tra i sospettati ci sono Alice, suo marito e il suo amante. Vivono tutti e tre in un piccolo villaggio sperduto nel nulla. Lei fa l’assistente sociale, il marito l’allevatore, il terzo incomodo è un giovane problematico. Oltre ai tre, tra i sospettati ci sono un contadino sociopatico e una giovane cameriera, che ha conosciuto la donna prima che sparisse. Il regista ci mostra con maestria i cinque sospettati in altrettanti capitoli del film con un procedimento che, passando da un capitolo all’altro, conferisce al mistero della scomparsa della donna un nuovo tassello e un nuovo punto di vista dove il personaggio principale di un capitolo diventa secondario negli altri. Only the Animals, così, è un intrigante thriller in cui ciascun personaggio avrebbe avuto le sue ragioni per uccidere la donna scomparsa anche se alla fine il bandolo della matassa non sta nei profondi silenzi e nei covati odi a porte chiuse come lascerebbe intendere l’atmosfera rurale ma giunge un po’ implausibile da molto lontano.
Giovedì
15 Giugno
Durante un furioso litigio, la trentenne Margaret ferisce la madre Christina, donna fragile e vanesia, e viene per questo condannata a restare per tre mesi ad almeno cento metri dalla casa della madre. Musicista fallita, con alle spalle altri episodi di violenza che hanno messo fine al rapporto sentimentale e professionale con il suo ex, la donna è per contro molto legata alla sorellina Marion, a cui dà lezioni di musica. Pur di non interrompere le adorate lezioni, e forse non solo per questo, la ragazzina traccia sul terreno una linea (la ligne del titolo) a cento metri esatti dalla casa e convince Margaret a darle lezioni all’aperto, con la linea che garantisce per lei il rispetto della distanza invalicabile. Nel frattempo, la sorella maggiore partorisce e, con molta, dolcezza, cerca di riavvicinare Margaret e la madre. Un film delizioso, in cui una ragazzina riesce a fare ciò che gli psicologi non riescono neanche ad immaginare, ossia disinnescare una spirale di violenza, pur rispettando la linea di demarcazione che una madre e una figlia hanno messo tra loro.