Con voce
di donna 1
LE DONNE DELLO SCHERMO
Con voce di donna propone un percorso più ricco e articolato delle tradizionali rassegne che Capitol d’essai dedica alle donne dello schermo. Diviso in due parti, propone proiezioni di film e incontri in presenza, due dei quali programmati al Teatro Verdi, il primo, mercoledì 10 aprile alle 21.00, uno spettacolo teatrale vero e proprio che vedrà in scena Marta Cuscunà, il secondo, domenica 28 aprile alle 18.00, una lectio magistralis con accompagnamento musicale dal vivo della storica delle donne Valeria Palumbo. I temi proposti vanno dalla poesia alla storia, dal costume al cinema, fino, appunto al teatro, il tutto “al femminile”. Quelli che presentiamo qui sono quattro film, il primo e l’ultimo diretto da uomini ma incentrati su dialettiche tipicamente femminile in cui gli uomini quasi non ci sono, il secondo e il terzo diretti e interpretati da donne. L’appuntamento clou è lo spettacolo teatrale di mercoledì 10 aprile, che vedrà in scena Marta Cuscunà, tra le interpreti più originali della scena contemporanea, che porterà a Fiorenzuola E’ bello vivere liberi, uno spettacolo che rievoca la vicenda della prima staffetta partigiana italiana e che quindi viene proposto anche nell’ambito delle manifestazioni volte a ricordare il 25 aprile e la festa della Liberazione. Per questo spettacolo, che ci auguriamo richiami pubblico da tutta la Val d’Arda, sono già aperte le prenotazioni. Per le prenotazioni e per l’acquisto dei biglietti ci si può rivolgere alla biglietteria del Capitol oppure telefonare o mandare un messaggio WattsApp ai numeri: 333.3163303 / 333.3163310.
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Mercoledì
6 Marzo
Proiezione pomeridiana ore 17.00
Replica serale ore 21.30
Siamo a Roma, durante il lockdown. Dora (Laura Antonelli) consegna la spesa a clienti che le aprono a malapena la porta. A casa la aspettano la madre Lia, che intrattiene amanti occasionali e sperpera i soldi guadagnati dalla figlia, e la zia, che ospita madre e figlia, in attesa che il tribunale decida se restituire o meno a Lia la custodia dei due figlioletti sottrattigli dai servizi sociali. La donna intrattiene una relazione con il pusher del quartiere, per cui fa qualche consegna occasionale, è in pratica fa da genitore alla madre, genitrice irresponsabile che ha pagato sulla sua pelle la decisione di liberarsi di un marito violento. Il suo sogno, una volta finita l’emergenza pandemia, è diventare estetista e accogliere il ritorno dei fratellini, con cui mantiene un rapporto a distanza attraverso il filtro di un’assistente sociale, mentre un aspirante medico, che si innamora della sua gentilezza, nascosta sotto l’apparente durezza da sopravvissuta, sembra prefigurare per lei un futuro più sereno. Ciò che sorprende, nel film, è soprattutto il tratteggio della protagonista, che, com’è stato scritto, «riesce ad essere allo stesso tempo sbrigativa e attenta, brusca e caritatevole, androgina e sensuale, crudamente realista e inguaribilmente romantica». Merito, questo, di certo del regista, che oltre a dirigere il film ha scritto la sceneggiatura, ma anche dell’esordiente Laura Antonelli, che interpreta il ruolo di Dora. Accanto a lei, in parti minori, attrici più note, come Donatella Finocchiaro e Daniela Poggi.
Mercoledì
13 Marzo
Proiezione pomeridiana ore 17.00
Replica serale ore 21.30
I tema del genere e dell’identità sessuale, oggi al centro del dibattito collettivo, accostato con garbo e profonda partecipazione da una giovane regista e sceneggiatrice spagnola, qui al suo esordio alla regia in un lungometraggio. Il protagonista è un bambino di otto anni, nato maschio, ma che si sente in realtà una bambina. La madre avverte il suo disagio, ma non sa cosa fare. La nonna sembrerebbe voler essere più risoluta, ma anche lei avverte l’impasse. La zia, forse, è quella più solidale, l’unica che, forse, riesce ad avvicinarsi davvero al dramma della piccola, ma la realtà è che tutte e tre le donne non sanno davvero cosa fare. Il bambino, in tutto il suo candore, incalza le donne: perché, mamma, sono così? Perché, mamma, non posso essere come te ? Il protagonista, che in realtà una bambina, è di una dolcezza rara, tanto da incantare il pubblico al Festival di Berlino dell’anno scorso, dove, nonostante la sua tenerissima età, ha vinto il premio come migliore attrice. Al premio berlinese, in patria, si sono poi aggiunti tre premi Goya, gli Oscar del cinema iberico, per la migliore regista esordiente, per la migliore attrice, e per la migliore sceneggiatura. Il titolo, curioso, trae origine da una passaggio cruciale del film, quando la zia della protagonista, che fa l’apicultrice, stemperare fin dall’inizio il dramma della piccola spiegandole che «esistono 20.000 specie di api, e tutte sono buone». Quanto ai contenuti, ha spiegato la regista: «Questa storia nasce dalla necessità di mettere in discussione i limiti del rigido sistema sesso-genere. È un sistema che rifiuta e punisce socialmente le zone intermedie che esistono tra due estremi. Questo rifiuto ha generato e continua a generare molta sofferenza. È un retaggio spiacevole, rappresentato nel film dalla figura del padre e dal suo lavoro, dal modo in cui egli percepisce gli ideali maschili e femminili. Si può anche vedere nell’eredità del suo laboratorio, un’eredità di cui Ane, nonostante sia il personaggio più progressista del film, non vuole liberarsi».
Mercoledì
20 Marzo
Proiezione pomeridiana ore 17.00
Replica serale ore 21.30
Qualcuno l’ha definito uno dei migliori film di sempre sull’adolescenza. Manifesto di una gioventù tanto scatenata quanto fragile, il film racconta di tre tardo adolescenti inglesi in vacanza a Malia, sull’isola di Creta, con l’obiettivo di sballarsi, divertirsi e fare sesso a più non posso, il che sembra sempre di più l’obiettivo, non solo vacanziero, dei giovani di oggi. Nel motel dove sono alloggiate, Tara, Em e Skye – così si chiamano le tre ragazze – prima ancora di disfare i bagagli incontrano tre ragazzi più o meno coetanei, Paddy, Badger e Paige, per cui i giochi sembrano fatti. Qualcosa, però, scricchiola, soprattutto per Tara, che si ritrova a fare sesso quasi senza accorgersene, e non solo perché ha bevuto troppo, come sempre. Miglior film della sezione Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes, pluripremiato agli Indipendent British Award e agli European Film Awards, dove ha vinto il premio per la rivelazione dell’anno, How to Have Sex è un’opera prima sorprendente di una regista appena trentenne che se da un lato richiama alla mente Spring Break di Harmony Korine, che in Italia venne distribuito con il sottotitolo Una vacanza da sballo, dall’altro se ne discosta radicalmente alla fine, con un epilogo sorprendente che spiazza e sorprende, anche se ha le tinte del vero. Quello che colpisce, poi, sono le immagini delle sbornie e delle loro conseguenze, esibite senza pudori, nonché il ritratto di una vacanza al mare in cui il mare non si vede mai, con le giovani che, appena arrivate in motel, hanno un unico desiderio: avere una camera con vista piscina, quasi che non siano nemmeno più capaci di immaginare nulla che non sia “artificiale”.
Mercoledì
17 Aprile
Proiezione pomeridiana ore 17.00
Replica serale ore 21.30
Elizabeth (Natalie Portman) è un’attrice di successo che si trasferisce temporaneamente a casa di Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore), la donna che dovrà interpretare in un biopic. Anni prima quest’ultima si era trovata al centro di una storia d’amore che aveva fatto scandalo. Moglie e madre esemplare, a trentasei anni aveva iniziato una relazione extraconiugale con Joe Yoo, un tredicenne di origine coreana e, quando la relazione era diventata di dominio pubblico, aveva lasciato marito e figlio per vivere alla luce del sole la sua storia d’amore, sfidando la disapprovazione dell’ex marito e del figlio, nonché della piccola comunità teatro della scabrosa vicenda. Joe e Gracie, addirittura, dopo lo scandalo si erano sposati, avevano avuto tre figli e avevano continuato a vivere lì, nella loro cittadina, incuranti dei tabloid e delle malelingue. Todd Haynes, il regista, se le va a cercare queste storie: l’omosessualità del marito di Lontano dal paradiso (2002), quella di Carol e Therese in Carol (2015), e, adesso, la relazione tra una donna, madre di famiglia, e un ragazzino. Il titolo, infatti, allude proprio a questo, a una relazione in cui la differenza di età è talmente grande che i componenti della coppia rappresentano mesi molto lontani all’interno dell’anno, maggio, ossia la primavera, e dicembre, ossia l’inverno della vita. Julianne Moore, nei panni di Grace, è magistrale nel dare al pubblico tanti piccoli indizi di una gestualità nervosa che anziché serenità rivela una compulsione al controllo, mentre Natalie Portman, nei panni di Elizabeth, da parte sua, da corpo a un personaggio che, in quanto ad ambiguità morale, non è secondo a Grace.