ARCHIVI DELLA
MEMORIA
Sono due gli appuntamenti promossi nell’ambito di questa prima edizione degli
Archivi della Memoria. Programmati a ridosso della Giornata della Memoria e
curati da Mario Ferrari, accostano il tema della Shoah da punti di vista molto
differenti. Completa la proposta un approfondimento sugli “abusi della memoria” che trae spunto dalla sorte del memoriale italiano ad Auschwitz.
Mercoledì 30
Gennaio 2013
ABUSI DI MEMORIA: IL MEMORIALE
ITALIANO AD AUSCHWITZ
Segue la proiezione del film
PIZZA AD AUSCHWITZ
di Moshe Zimerman
(Israele, 2008), 52'
Docufiction giocata su molti toni, è forse il più anomalo tra i film girati sulla Shoah. La storia è quella di Danny Chanoch, sopravvissuto a cinque lager nazisti, che convince i figli Miri e Shagi a seguirlo in un viaggio della memoria per passare una notte con lui nella sua vecchia baracca di Birkenau. Il regista racconta il loro caotico viaggio, con la troupe e la camera che entrano in campo. La figlia, laica, che ha vissuto fin dall'infanzia con gli incubi dei racconti paterni, si ribella rabbiosamente al padre e a quel pellegrinaggio in altalena tra dramma e grottesco. Il suo silenzioso fratello, ebreo ortodosso, tratta al contrario il padre con benevolenza e interviene solo per trattenerlo nei suoi momenti più accesi di collera e odio. Un film sull'indicibile che interroga lo spettatore con un cumulo di domande.
Mercoledì 6
Febbraio 2013
NOTTE E NEBBIA
di Alain Resnais
(Francia, 1955), 31'
Mediometraggio di straordinario impatto emotivo diretto da Alain Resnais su incarico del Comité d’Histoire de la Seconde Guerre Mondiale, è forse il film più agghiacciante che sia mai stato girato sulla Shoah. Compresso nella breve durata di 31 terribili minuti, il film incrocia sapientemente sequenze a colori girate nel 1955 sui luoghi della deportazione con immagini d’archivio in bianco e nero girate dai tedeschi negli stessi campi qualche anno prima affidando il commento alla sola voce fuori campo. Il testo del commento, scritto dal poeta Jean Cayrol, a sua volta sopravvissuto ad un campo di sterminio, è al tempo stesso denuncia e invito a riflettere. Le sequenze a colori, tutte girate su carrelli, assumono la funzione della soggettiva rendendo lo spettatore parte attiva nella scoperta dell’orrore e superando d’incanto la separatezza, l’estraneità, il carattere di con-templazione distaccata tipico di certo cinema documentaristico. Il risultato è un film doloroso e necessario, di cui ha scritto François Truffaut: «Per una sera dobbiamo dimenticare la nostra qualità di […] spettatori. E’ l’uomo che noi siamo che è chiamato in causa, che deve aprire bene gli occhi e a sua volta interrogarsi [...] e quando la luce si riaccende [...] si resta senza voce davanti a quest’opera, confusi dall’importanza e dalla necessità di questi 1000 metri di pellicola». Alcune delle immagini d’archivio proposte sono ciò di più sconvolgente che si possa immaginare di vedere. Ma sconvolgono anche le fotografie in bianco e nero che riprendono la visita di H. Himmler ad Auschwitz, con tanto di modellino dei forni crematori, con gli stessi deportati costretti alla costruzione dei forni. Così come sconvolgono i segni delle unghie ancor oggi visibili sui pavimenti e sui soffitti delle camere a gas, che la macchina da presa esplora con estremo pudore. Sconvolgono, poi, gli aberranti disegni di “riciclaggio” dei cadaveri che pure i tedeschi misero a punto e le agghiaccianti immagini dei bulldozer che, a liberazione avvenuta, sgombrano i campi dai cadaveri. Sconvolgono, infine, le tante immagini di poveri corpi straziati di uomini e donne suppliziati coscienziosamente per mesi e mesi nella più impressionante fabbrica di morte che la storia ricordi, Auschwitz.